I cambiamenti climatici modificano la distribuzione biogeografica delle specie, agevolando le interazioni uomo-animale. Ad oggi, esistono circa 1,7 milioni di virus che potrebbero fare il salto di specie.
Comprendere il rapporto tra virus e clima è tutt’altro che semplice, ma alcuni studi lanciano un allarme
(Rinnovabili.it) – Da quando si è diffusa la pandemia di coronavirus, gli scienziati hanno avvertito che le attività antropiche e i cambiamenti climatici potrebbe aumentare il rischio di malattie pandemiche che passano dagli animali all’uomo (zoonosi). Non a caso, l’IPCC (gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici) sta studiando il rapporto tra virus e clima per includerlo nel prossimo rapporto previsto per il 2021.
Ma cosa sappiamo, finora, della relazione tra cambiamenti climatici, biodiversità e diffusione di zoonosi? Secondo la Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici (IPBES), il numero di virus che, circolando fra le popolazioni di mammiferi e uccelli, è potenzialmente dannoso per gli esseri umani è di circa 1,7 milioni. Tuttavia, in contesti naturali, è difficile che i virus entrino in contatto con l’uomo, poiché le interazioni sono ridotte al minimo.
Nel complesso, affinché un evento di cosiddetto spillover (o salto di specie) si manifesti, deve darsi una ‘tempesta perfetta’ in cui diversi fattori molto specifici si verificano contemporaneamente. Ma i cambiamenti climatici e i disturbi della biodiversità potrebbero favorire questa tempesta?
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Rispetto al rapporto tra virus e clima, il professore Hans-Otto Poertner, direttore del Dipartimento di bioscienze dell’Alfred Wegener Institute (AWI) e membro dell’IPCC, ha sottolineato che “i cambiamenti climatici modellano la distribuzione biogeografica delle specie. Se, in futuro, dovessimo osservare specie che si spostano in aree in cui sono prevalenti gli esseri umani, allora potrebbero esserci nuove probabalità di pandemie“.
La ricerca sugli effetti del riscaldamento globale ha dimostrato che, all’aumentare della temperatura e al variare dei livelli delle piogge, alcune specie sono costrette a cercare nuove aree con condizioni climatiche migliori. Una recente analisi ha esaminato 40.000 specie in tutto il mondo, scoprendo che circa la metà è già in movimento a causa del cambiamento delle condizioni climatiche.
Nello specifico, in merito al rapporto tra virus e clima, i ricercatori suggeriscono che già entro il 2070 i cambiamenti climatici potrebbero far aumentare sostanzialmente le probabilità di passaggi di malattie dagli animali all’uomo. Cercando di definire scenari futuri, uno studio ha previsto lo spostamento di circa 4000 specie, scoprendo che molte di queste raggiungeranno soprattutto le aree ad alta densità demografica di Asia e Africa, portando con sé dai 3000 ai 13000 virus.
Ma il rischio di pandemie determinato dal rapporto tra virus e clima aumenterà in futuro? Sebbene la ricerca scientifica abbia finora mostrato i collegamenti tra i cambiamenti climatici, i disturbi della biodiversità e lo spillover delle malattie, non è ancora chiaro come ciò possa modellare il rischio futuro di pandemie. Tuttavia, per Poertner “c’è urgenza non solo di investigare il fenomeno, ma anche di indagare immediatamente sulle possibili soluzioni“.
Un passo fondamentale è il monitoraggio delle interazioni animale-uomo, attraverso la definizione di un sistema che dovrebbe poter contare su un grande livello di cooperazione internazionale, condivisione dei dati e trasparenza. Ma non solo. Anche una migliore regolamentazione delle catene di approvvigionamento sarà fondamentale, a partire da radicali cambiamenti da parte dei paesi più ricchi, i maggiori responsabili della domanda che incentiva attività quali deforestazione e commercio illegale di animali.