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Ambiente

Tecnologie fotovoltaiche innovative, i vincitori di Intersolar Award 2021

By 25 Luglio 2021No Comments

Dal backsheet “riciclato” di DuPont Teijin Films al sistema di costruzione modulare MarcS, passando per i nuovi moduli bifacciali di LONGi Solar. Ecco i vincitori del prestigioso premio per l’innovazione fotvoltaica

Tecnologie fotovoltaiche innovative

Tre tecnologie fotovoltaiche innovative su cui investire

(Rinnovabili) – Un riconoscimento alle migliori tecnologie fotovoltaiche innovative che hanno raggiunto il mercato solare nell’ultimo anno o sono prossime a farlo. A consegnarlo è Intersolar, fiera di settore che dal 1991 si occupa di dare spazio alle potenzialità del “sole” in ambito energetico. Ogni anno gli organizzatori conferiscono un premio alle aziende che contribuiscono in modo sostanziale al successo del settore, individuando le soluzioni più promettenti per celle, moduli, inverter, accumulo, software e sistemi di tracciamento.

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Una giuria internazionale di esperti ha giudicato i candidati all’Intersolar AWARD 2021, selezionando i tre vincitori di questa edizione: DuPont Teijin Films, Goldbeck Solar e LONGi Solar Technology. Le società presenteranno le rispettive tecnologie fotovoltaiche innovative a The smarter E Europe Restart 2021 di Monaco dal 6 all’8 ottobre.

I vincitori dell’Intersolar AWARD 2021

Film DuPont Teijin per i suoi backsheet fotovoltaici con materie prime riciclate. I backsheet non sono altro che le coperture di fondo dei moduli, realizzate in vetro o in materiale plastico isolante. L’azienda ha prodotto la copertura usando un 33% di PET riciclato chimicamente. Il prodotto finale – chiamato Mylar UVHPET – ha un’impronta di carbonio inferiore rispetto ad altri backsheet, è privo di fluoro e può dare una mano sensibile all’economia circolare. Basti pensare che un’installazione da un megawatt riutilizzerebbe la plastica di oltre 16.000 bottiglie.

Goldbeck Solar per il suo sistema di costruzione MarcS dedicato all’agrivoltaico. Si tratta di elementi modulari ad arco, sollevati da terra, in cui vengono integrati i moduli fotovoltaici. Ogni segmento può essere spostato lungo i binari della sotto-struttura, allineandoli da est a ovest con diverse inclinazioni. Il sistema può anche raccogliere e immagazzinare l’acqua piovana.

LONGi Solar Technology per la potenza nominale e l’efficienza raggiunte con i nuovi pannelli bifacciali Hi-MO5. Si tratta di moduli ad alta potenza, realizzati utilizzando wafer drogati al gallio con tecnologia PERC. La Giuria è rimasta impressionata dalla potenza nominale e dall’efficienza rispettivamente di 540 watt e 21,1%. In linea con i nuovi trend dei wafer di dimensioni maggiori, questo prodotto combina altre funzionalità intelligenti per la gestione dell’energia prodotta.

(Rinnovabili.it) – Raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi porterebbe a un incremento di 8 milioni di posti di lavoro entro il 2050 nel settore dell’energia. Questo quanto emerge da un’analisi del sistema energetico globale e dell’impatto delle diverse politiche climatiche ed energetiche, in uno studio – pubblicato sulla rivista ‘One Earth’ – realizzato da Rff-Cmcc european institute on economics and the environment (Eiee) in collaborazione con la university of British Columbia, Vancouver, e Chalmers university of technology, Gothenburg. I posti di lavoro – viene spiegato – potrebbero passare dagli attuali 18 milioni ai 26 milioni se rispettassimo il target di limitare l’aumento della temperatura globale a due gradi centigradi.

Attualmente, si stima che circa 18 milioni di persone lavorino nell’industria dell’energia – afferma Johannes Emmerling, ricercatore a capo dell’unità Low carbon pathways di Eiee e corresponding author dello studio – un numero probabilmente destinato ad aumentare, fino ad arrivare a 26 milioni di persone impiegate nel settore energetico, se raggiungeremo i nostri obiettivi climatici globali. Il settore manifatturiero e quello delle rinnovabili potrebbero potenzialmente assorbire fino a un terzo del totale di questi posti di lavoro, per i quali i diversi Paesi potrebbero arrivare a competere anche in termini di localizzazione”.

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Quello che servirebbe sono politiche climatiche efficaci e stringenti – si osserva – e la maggior parte dei posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili andrebbe persa con il tramontare di questo comparto, in molti Paesi questa perdita potrebbe essere compensata dalle nuove opportunità di lavoro offerte dal settore delle energie rinnovabili. Attualmente, oltre 12 milioni di persone lavorano nei settori energetici del carbone, del petrolio e del gas naturale. Le ripercussioni più importanti si potrebbero avere nel numero di posti di lavoro del settore energetico, che vedrebbero scomparire vecchie industrie.

In base ai risultati dello studio nel 2050 la totalità dei posti di lavoro del comparto energetico per lo scenario “ben al di sotto dei 2 gradi centigradi”dell’Accordo di Parigi, l’84% sarebbe nel settore delle energie rinnovabili, l’11% in quello dei combustibili fossili e il 5% nel nucleare. Inoltre, mentre i posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili, in particolare quelli del settore estrattivo, che costituiscono l’80% degli attuali posti di lavoro del settore, diminuirebbero molto rapidamente, sarebbero compensati da un aumento del numero di posti di lavoro nei comparti dell’energia solare ed eolica. 

Una grossa fetta della crescita del numero di nuovi posti di lavoro nel solare e nell’eolico, pari a 7,7 milioni di posti nel 2050, sarebbero nel comparto manifatturiero, che non è soggetto a vincoli geografici, e che pertanto potrebbe portare a una competizione tra i Paesi per accaparrarsi questi nuovi posti di lavoro. I risultati mostrano anche come, a livello regionale, il Medio Oriente, il Nord Africa e gli Stati Uniti potrebbero essere interessati da un notevole aumento complessivo dei posti di lavoro del settore energetico, con l’espansione delle energie rinnovabili, mentre la Cina potrebbe subire una sostanziale perdita di posti di lavoro con il declino del settore del carbone. 

“La transizione energetica – aggiunge Emmerling – è studiata con modelli sempre più dettagliati, risoluzioni spaziali, scale temporali e dettagli tecnologici sempre maggiori. Tuttavia, la dimensione umana, i temi dell’accesso all’energia, della povertà e anche le implicazioni per il mondo del lavoro sono spesso considerate ancora con un livello di dettaglio insufficiente. Con il nostro studio abbiamo contribuito a colmare questa lacuna mettendo insieme e utilizzando un grande set di dati, per molti Paesi e tecnologie”.

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