Le norme italiane sulla valutazione di impatto ambientale fanno scattare il primo richiamo europeo
(Rinnovabili.it) – Nel nuovo pacchetto di infrazioni comunitarie, pubblicato ieri dalla Commissione europea, compare ancora una volta l’Italia e ancora una volta per questioni prettamente ambientali.
La prima infrazione riguarda il sistema nazionale di accesso alle risorse genetiche da paesi terzi. Bruxelles ha deciso di deferire il Belpaese alla Corte di giustizia UE ritenendo tale sistema “disfunzionale” e in grado di danneggiare la capacità delle aziende stabilite in Italia di sfruttare i vantaggi di tale accesso per la ricerca, la produzione e il commercio.
La seconda tirata d’orecchie arriva in ambito normativo. L’esecutivo europeo ha richiamato l’Italia per la sua legge di recepimento della direttiva VIA 2011/92 / UE. La direttiva in questione riguarda la valutazione di impatto ambientale (VIA) dei progetti pubblici e privati sul territorio dell’Unione. Tale provvedimento è stato aggiornato nel 2014 con il preciso obiettivo di rafforzare la qualità della procedura di valutazione allineandola ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation), riducendo gli oneri amministrativi e rendendo le decisioni commerciali sugli investimenti pubblici e privati più solide, prevedibili e sostenibili.
Tale aggiornamento è stato recepito nella legislazione nazionale con il Decreto legislativo n. 104 del 16 giugno 2017 ma, stando alla notifica di Bruxelles, le norme avrebbero diverse carenze. A cominciare purtroppo dal modo in cui il pubblico viene consultato durante il processo decisionale. Si tratta di una questione peraltro già dibattuta dagli ambientalisti italiani: fin dalle prime bozze del provvedimento, 17 associazioni avevano puntato il dito sulla riduzione all’osso di passaggi fondamentali, come la consultazione formale del pubblico (leggi a Dlgs VIA, le associazioni ambientaliste mettono a fuoco i punti critici).
Ma nella lettera di costituzione in mora inviata a Roma, la Commissione europea mette l’accento anche su le norme che disciplinano le consultazioni transfrontaliere nel caso di progetti proposti in Italia che potrebbero interessare altri Stati membri, la fornitura di informazioni pratiche sull’accesso a giustizia e sistemi messi in atto per evitare conflitti di interesse.
Ora il Governo ha esattamente 2 mesi per rispondere a Bruxelles tramite una correzione normativa. In caso contrario, l’esecutivo europeo può decidere di inviare un parere motivato alle autorità italiane.